FONTECCHIO, DAL NO DELLA GERMANI AD UN ANNO FAVOLOSO

Un’estate fa stava per indossare la maglia di Brescia, ma arrivo’… Crawford. Dopo una stagione all’Alba Berlino è ora un protagonista assoluto dell’Italia alle Olimpiadi

Tokyo. Risalgono ad un anno esatto fa i rumors di mercato sul tentativo della Germani di far vestire la maglia bresciana al venticinquenne pescarese Simone Fontecchio; pareva la soluzione alternativa nel caso non si fosse raggiunto l’accordo con Drew Crawford. 

C’è chi mormora che l’affare sia sfumato perché fosse lontano un accordo economico, chi invece sostiene che il Diablo non fosse pronto a stracciarsi le vesti per averlo alla propria corte. 

Troppo facile col senno di poi dire : “Errore, caro Enzino, grosso errore!!!”

A Simone, nel frattempo, non è andata affatto male visto che l’avventura in terra teutonica all’Alba Berlino ha rappresentato la consacrazione internazionale con un’annata stellare coronata dallo scudetto e potenziata dall’aver disputato un’ Eurolega da protagonista dopo i cameo concessi nell’anno dell’Olimpia, compagine nella quale troppo spesso i giovani italiani di belle speranze non possono esprimersi e trovare un adeguato trampolino di lancio (vedi alla voce Abbas, Della Valle , Fontecchio, Moretti, Moraschini, Biligha) 

Ecco dunque atterrare alla nazionale di Meo Sacchetti, fresco di triennale con Baskonia, un giocatore maturato, pienamente conscio delle proprie potenzialità, che nelle ultime cinque gare ha dimostrato  continuità realizzativa impressionante ( media di 20 punti), completezza in ogni fase del gioco e sicurezza nei propri mezzi degna di un veterano. 

Dice di ispirarsi, tra gli altri, al compagno Danilo Gallinari e al bolognese Bellinelli (di cui a parere di chi scrive non sta affatto facendo sentire la mancanza) e quando si ritrova avversario uno dei suoi idoli NBA, Ingles, vede bene di buttar lì 22 punti con un 5 su 5 da tre, movimenti senza palla ubriacanti e tecnica pulita ed efficacie anche spalle a canestro usando mano e destra e sinistra senza ombra di incertezza. Le prestazioni mostruose  inanellate al preolimpico di Belgrado non erano, dunque, un fuoco di paglia: il ragazzo non accenna a frenare la curva ascendente dopo il mirabolante decollo e le Olimpiadi non fanno che alimentare il suo sacro fuoco propulsore.

Sarà che in famiglia le Olimpiadi sono di casa? 

La storia parte lontano: nel 1961 il nonno materno Vittorio Pomelio , cestista di ottimo livello con una ventina di presenze in nazionale, è “costretto “ a rinunciare alle Olimpiadi pur facendo parte della lista dei convocati, perché fresco di laurea in ingegneria, a 27 anni, non può rifiutare un contratto per la costruzione di una diga: altri tempi quelli, non c’è che dire!

Il papà di Simone, Daniele, vicecampione europeo in corsa ad ostacoli, alle Olimpiadi invece ci va , a Los Angeles, nel 1984 e si ferma solo in semifinale.

Non vi basta per certificare la provenienza Doc? Sappiate allora che Amedeo Pomilio, il cugino di mamma Amelia (pure lei peraltro nota cestista anni 80/90 con 120 presenze nella nazionale maggiore ed ora coach in A2 femminile), non solo partecipa alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 nel settebello di pallanuoto, ma porta a casa la medaglia più preziosa!  

Nelle interviste delle scorse ore Simone ammette che gli piacerebbe tornare a casa da Tokyo con qualcosa al collo e ti credo… diciamo noi… hai presente le lotte intestine su chi sia stato il più bravo ai pranzi natalizi? 

Per la cronaca: il cugino Amedeo è presente al villaggio Olimpico nello staff della nazionale di pallanuoto: speriamo tutti che l’immaginabile spirito competitivo intrafamiliare alimenti il propellente dell’ascesa continua del venticinquenne di cui sopra e con lui di tutta la truppa Azzurra!

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