MAGRO: “HO DETTO A FERRARI CHE CI SONO, BRESCIA E’ LA MIA PRIORITA’. DOPO DUE ANNI POSITIVI VORREI CONCLUDERE IL PROGETTO, MA DOBBIAMO DIRCI TUTTO NEL BENE E NEL MALE”

Intervista esclusiva di fine stagione con il coach della Germani: “Mi piacerebbe rigiocare i match in casa con Pesaro, Treviso e Trento, dovevamo portarle a casa nonostante tutto. Abbiamo fatto tante riunioni e simulazioni sulla nostra incapacità di chiudere le partite e su come fermare le rimonte avversarie, ma l’impatto di palle perse e tiri da 3 punti non si riesce sempre a controllare. Con il proprietario mi confronterò in modo maturo e professionale. Andare avanti senza De Benedetto? Mi dispiacerebbe, ma non siamo gemelli siamesi”

Brescia. Come già alla fine della scorsa stagione, il coach della Germani Pallacanestro Brescia Alessandro Magro ha accettato di sottoporsi all’intervista di fine stagione con la redazione di Bresciacanestro.com. Se un anno fa erano decisamente più le note positive, nonostante una bruciante eliminazione ai play off con Sassari, stavolta non mancano le spine nonostante la profumatissima rosa della Coppa Italia.

Coach, partiamo dalle partite che vorrebbe rigiocare: quali sono?

“Quelle in casa con Treviso, Pesaro e Trento. Sono tre sconfitte che fanno male a ripensarci e che ci sono costate il play off, obbligandoci a doverci giocare tutta la stagione a Scafati. In Eurocup non ho grandi rimpianti, anche perché so che ci sono state partite perse, in casa o fuori, in un periodo dove per scelta abbiamo deciso di gestire alcuni giocatori. Penso alle due con il Lietkabelis e a quella in trasferta con Cluj quando ci siamo presentati con un organico ridotto, con i lituani in casa eravamo in emergenza di classifica in campionato e per questo avevamo deciso di non far giocare Della Valle e Gabriel”.

Cosa serviva per vincere le tre partite di campionato che oggi rimpiange?

“Con Pesaro e Treviso si è trattato di semplici dettagli all’interno della partita. Non rifarei ad esempio la decisione di avanzare con la palla sulla rimessa, ma in questi casi non c’è una regola fissa e comunque non si smette mai d’imparare. Bonn ad esempio in Champions League ha sbagliato una rimessa con il suo miglior giocatore, ma poi ha vinto la coppa. Da Treviso in poi comunque non ho più avanzato la palla”. 

La Germani ha comunque dimostrato di avere nel Dna un’incapacità costante nel chiudere le partite. A mente fredda si è dato una spiegazione?

“Nasce dal modo di giocare di tante squadre. Obradovic, che è più bravo di me, da un +18 ha perso di 4. Il basket ormai è andato in nuova direzione: con i tiri da 3 punti rientri velocemente. Abbiamo fatto tante riunioni e preparato tante azioni con il cronometro per grattare secondi, giocare pick and roll sugli 8″, ma palle perse e tiri da 3 punti subiti ci hanno comunque puniti. Sulla gara di Scafati ci eravamo allenati molto bene sul pressing avversario e infatti abbiamo fatto una sola palla persa nel quarto periodo, ma proprio quando loro stavano rientrando e hanno preso fiducia”.

Cosa non rifarebbe di quella partita?

“L’ho già rivista tre volte. A 5′ dalla fine sul +9 abbiamo sbagliato due liberi con Cournooh: dal potenziale +11 siamo andati a +6 perchè hanno messo subito una bomba poi c’è stato un fallo dubbio di Odiase su un altro tiro da 3 e in 45” da +11 ci siamo ritrovati a +3. Puoi pensare di congelare la partita, ma la qualità dei tuoi tiri può non essere la stessa. Se sei una squadra abituata a giocare in un determinato modo, ti prendi il rischio che quel modo non funzioni sempre. Ho fatto più riunioni e simulazioni che chiamavo come gli americani stop bleeding ovvero “smettere di sanguinare”: consiste nello spendere falli in transizione per non far fare canestri facili agli avversari. Ma poi c’è sempre l’impatto del tiro da 3 punti”. 

Si poteva arrivare a Scafati senza che fosse decisiva?

“Certo. Sarebbe riduttivo pensare solo agli ultimi 6’ di Scafati per parlare della nostra mancata qualificazione ai play off. Nelle partite dette prima, anche al netto di infortuni e problematiche varie, dovevamo avere la forza mentale di portarle a casa. A Verona ci sta di perdere, a Trento idem. Contro di noi hanno giocato in tanti considerandoci una top e raddoppiando le forze. Nella gara di Pesaro, loro hanno fatto sempre canestro, me l’ha detto anche un collega che ha visto il match da fuori, non è stata quindi solo una mia percezione. Certo abbiamo le nostre responsabilità per come sono andate le cose. Ai giocatori dicevo che quando giocavamo contro le squadre della nostra fascia, o più bassa, volevano dimostrare che si meritano i nostri soldi. E’ con quelle squadre che fai la differenza alla fine della stagione: lo scudetto lo vinci se non perdi a Empoli, Sassuolo ecc…, non solo se batti le big. Noi abbiamo fatto molto bene con le squadre più forti e faticato con le altre”.

Quanta importanza dà agli infortuni di questa stagione? 

“Abbiamo giocato solo dieci partite al completo sulle 52 totali e di queste ne abbiamo vinte 7 e perse 3. Ne abbiamo giocate 31 senza Caupain perdendone 18 e vincendone 13 mentre con lui il record è di 12 vinte e 9 perse. Senza Caupain e Petrucelli abbiamo avuto solo il 39% di vittorie (7 vinte e 11 perse). E’ chiaro che se a Tortona togliamo Christon, Macura e Cain, non arrivano terzi”.

Il finale di stagione è stato in crescendo, ma non è bastato… 

“Dopo aver vinto la Coppa Italia, pur perdendo a Trento e Pesaro, il percorso è stato di squadra di buona fascia: 7 vinte su 11”. 

Quanto è disposto ad aspettare la chiamata di Ferrari? Non teme di non riuscire a programmare un eventuale suo futuro lontano da Brescia?

“Aspetto che mi chiami per fare riflessioni insieme. E’ giusto così. Faremo una exit interview (colloquio di fine stagione, che non significa di fine rapporto, ndr) e valutare le cose che a lui sono piaciute e quelle no, ma anche io dirò la mia. In modo maturo e professionale, bisogna dirsi tutto da una parte o dall’altra”.

E se intanto le arriva una proposta che ritiene importante?

“Prima di tutto voglio confrontarmi con Mauro Ferrari. Non mi dimentico di chi mi ha dato la possibilità di fare questo lavoro due anni fa, seguendo le mie idee e la mia visione. Non è scontato trovare un imprenditore che ti sostiene e ti fa giocare il basket che vuoi. Mi ha dato carta bianca anche nei momenti difficili. La mia priorità è Brescia”.

E’ pronto anche ad affrontare un discorso su eventuali errori che lei ha commesso?

“Non sono immune da colpe, ma sono persona molto onesta: ho sbagliato qualcosa, gli dirò quello che non rifarei, ma ho la coscienza a posto. Ci siamo rimboccati la maniche sempre: è stata dura superare gli infortuni, le sette sconfitte consecutive, ma la squadra ha dimostrato di tenerci e di avere un’identità. Se continuavamo a commettere gli stessi errori vuol dire che la squadra aveva delle falle e dovremo ricostruirla cercando di avere meno problemi”. 

Ma vi siete già sentiti lei e Mauro Ferrari?

“Si, ci siamo sentiti: gli ho detto che sono qua e lo aspetto, mi ha detto che mi avrebbe chiamato. Conto di vederlo tra questa e la prossima settimana. Se analizzo i i miei due anni da capo allenatore a Brescia, sottolineo che il primo anno abbiamo battuto tanti record e nel secondo abbiamo vinto la Coppa Italia. Mi sento in difetto per come ho finito questa stagione, ma so che posso concludere al meglio il progetto triennale l’anno prossimo prendendo quei play off che quest’anno ci sono sfuggiti. Si era detto che doveva essere un progetto a crescere, probabilmente abbiamo anche accelerato i tempi di questo progetto. Se ci siamo piaciuti è giusto andare avanti, altrimenti parliamone”.

Se Ferrari le dicesse di proseguire senza De Benedetto, ma con un altro general manager, le starebbe bene ugualmente?

“Siamo professionisti, mi dispiacerebbe per il rapporto che lui ha avuto con la squadra e con me. In due anni quanti giocatori ha sbagliato? Non me ne vengono in mente più di tanto. Vorrei continuare con lui, ma non siamo gemelli siamesi. Il ruolo del giemme è a 360 gradi, io conosco il rapporto che ha avuto con me e sono estremamente soddisfatto, il resto non lo so, non posso dire come ha gestito l’ufficio, gli sponsor, questo è un discorso tra lui e la proprietà”.  

Hanno collaborato all’intervista Noemi Zilioli e Denise Premoli

(Nelle foto, Alessandro Magro durante l’intervista con la redazione di Bresciacanestro.com)