“ASSIST”: LE 10 “P” DOPO IL FLOP DI CREMONA

Brescia. Ho sperato vincesse il peggiore, ma devo complimentarmi con Cremona che ha meritato di vincere. Le grandi motivazioni fanno la differenza. Per prevalere su avversari con l’acqua alla gola bisogna provare a mettersi nei loro panni, meglio ancora pensarsi immersi nel fiume per capire la necessità di aggrapparsi a qualunque cosa pur di uscire. Non sono stati fatti torti alle squadre in lotta per non retrocedere, trattate in modo uguale, ma evidentemente è insufficiente la capacità di immedesimarsi nei bisogni e nelle urgenze che spingono queste compagini.

Non mancheranno analisi approfondite che metteranno in luce anche i più piccoli difetti. Quelli grandi sono stati talmente evidenti che anche a caldo sono stati onestamente riconosciuti. Aggiungo una sola cosa tecnica, identica per difesa e attacco: la gestione del backdoor e dei tagli dal lato debole. Troppe concessioni hanno spesso vanificato, in una frazione di secondo, la tenuta di difese anche prolungate e il poco impiego in attacco ha creato vantaggi per chi anticipava il passaggio. 

Ancora una volta la strategia ha premiato gli audaci. Proporre la zona, come Brescia fece con Venezia come prima mossa e la “Box and one” come sorpresa, ha lasciato l’onere della risposta all’avversario, che ha un poco pasticciato nel rispondere con contromisure adeguate.

Il numero scritto sulla lavagna da Coach Magro rimane 22, ma se così non fosse lo si corregge e non si butta nulla di questo campionato. Forse si è persa l’occasione per chiudere al primo posto, ma vado controcorrente perché non lo ritengo indispensabile. Per proseguire il cammino nei play-off non si può pensare di avvalersi del solo fattore campo, per cui niente drammi perché la stagione rimane vincente. Arrivare primi era ed è, perché ancora non è detta l’ultima parola, un obiettivo alla portata. Se si vuole vedere scaramanticamente il bicchiere mezzo vuoto, si può ricordare che l’anno scorso vinse chi chiuse in testa la stagione regolare. Se lo si vuole vedere mezzo pieno ci si ricordi che vinse la squadra eliminata per prima da chi poi vinse la Coppa Italia.

In queste situazioni si rischia di eccedere nelle critiche perciò mi sono ricordato le 10 Pscolpite nella pietra, realmente non metaforicamente, nel territorio di Barbarano del Capo nel Salento, con relativo significato:

Parole Poco Pensate Portano Pena, Perciò Prima Pensare Poi Parlare. 

Due giorni liberi serviranno a tutti per pensare e parlare in modo consapevole. 

Vincente o Vincitore 

Anche dopo Cremona se parliamo, come ho fatto prima, di stagione vincente qualcuno si può scandalizzare? Penso che nessuno possa mettere in dubbio questa espressione. A onore del vero dovremmo girare il quesito a proprietà e allenatore che si saranno interrogati all’inizio del percorso. Il significato ha infatti mille interpretazioni tra le quali avere un obiettivo raggiungibile, ma anche sfidante, creare una filosofia societaria, una matrice riconoscibile, un’eredità consegnabile. Oggi non sappiamo dove abbiano posto l’asticella. Può essere stata ampiamente superata, come penso, oppure il termine sfidante contiene ancora molta ambizione. Superare se stessi è un obiettivo spesso inarrivabile, raggiungere 20, meglio 21, meglio ancora 22 vittorie nella stagione regolare testimonia un percorso eccellente e ciò sono fatti, non parole, e con questo potremmo già decretare il successo dell’annata.Vincente vuol dire anche vedere l’AD Mauro Ferrari felice come un bambino abbracciare il suo allenatore e sorridendo prendergli il viso tra le mani in un gesto paterno, oppure vedere Coach Magro portare a cavalcioni Kenny Gabriel dopo la partita con Venezia. Evviva queste manifestazioni libere di gioia, basta con le emozioni contenute e controllate. Vogliamo tutti esultare e…dateci il via! Il buon esempio! Se poi si parla di sorriso sulle labbra bisogna ricordarsene soprattutto quando le cose vanno male, per non mugugnare troppo dopo le sconfitte come con Cremona. Vincente vuol dire anche aver convinto un gruppo di atleti con Curriculum Vitae eccellenti a decidere, in totale autonomia, di affidarli al Coach per custodirli con rispetto nel cassetto. Mettono il bene della loro squadra al primo posto e non si interessano d’altro, non certamente del proprio tabellino o successo personale. Un pilastro, un marchio societario molto importante. Mi ricordano tanto Nikola Jokic, non certo per le prestazioni inarrivabili, ma per il senso di squadra:

“Gli MVP e tutti i premi individuali sono trofei che qualcuno sceglie che tu debba ricevere, il titolo lo vinci tu, con i tuoi compagni” Il primo posto nella stagione regolare ha lo stesso valore di un riconoscimento, ma non vale la parola

 che inizia con S e finisce con O : “SUGGELLO”. Se qualcuno ha pensato un altro nome è andato vicino. Dopo Massinburg anche il Capitano ne ha parlato apertamente per cui è possibile citarlo con serenità, cosa che io non farò nemmeno sotto tortura.Tornando a Nikola Jokic sappiamo che fa storcere il naso a tanti per il suo carattere schivo, quasi infastidito dalla notorietà, autentica blasfemia nel tempio dello spettacolo sportivo per eccellenza. Con il comportamento disincantato con cui dichiara che è solo un lavoro e che preferisce dedicarsi ai cavalli, sembra sputare nel piatto in cui mangia. Eppure quello che dimostra e dichiara è un attaccamento alla squadra unico, riportando a più riprese che l’unico premio che lo gratifica è il risultato finale collettivo e le parole spese sono a dimostrarlo. Non confonde quelli che potrebbero essere “Feticci” con il vero successo.Analogamente sono certo che anche Coach Magro con staff, giocatori e proprietà, sia orgoglioso del percorso, ma se si otterrà la striscia vincente più lunga mai raggiunta a Brescia in un campionato nella massima serie, non ne farà un trofeo da esibire come le mostrine per un generale, consapevole che il vero successo è un altro. Sono certo che la soddisfazione per il meraviglioso percorso sia stimolo, doni tanta serenità e fiducia nei propri mezzi per provare, con il sorriso sulle labbra come piace tanto a lui (e al sottoscritto) per cambiare l’aggettivo più generico e allargato di “Vincente” in uno completo e oggettivo come  “Vincitore”. Due aggettivi con significato simile, diversi solo nella desinenza finale, ma che nell’accezione comune divergono in modo sostanziale.

ELLE14